venerdì 30 agosto 2013

La Siria come l'Iraq? Perché la storia non si ripeta

La soldatessa americana England tortura un prigioniero di guerra irakeno nel carcere militare di Bagdad.


Il 20 marzo 2003, una coalizione guidata dagli USA di George W. Bush invase l'Iraq di Saddam Hussein, dando inizio alla Seconda Guerra del Golfo. I parlamenti degli USA e del Regno Unito autorizzarono l'invasione sulla base delle informazioni dei servizi segreti, secondo i quali l'Iraq disponeva di armi chimiche, biologiche e nucleari proibite dagli accordi internazionali.  L'Iraq era inoltre accusato di essere un "paese canaglia", avrebbe infatti fornito appoggio ad Al-Qaeda, l'organizzazione terroristica internazionale diretta dall'ex-agente della CIA Osama bin Laden, responsabile dello spettacolare attacco aereo dell'11 settembre 2001 che abbatté le torri gemelle del Word Trade Center di New York. La guerra terminò ufficialmente dopo poco più di un mese di combattimenti, il 1 maggio 2003. Saddam Hussein, catturato dagli americani, fu impiccato il 30 dicembre del 2006. In realtà il conflitto ebbe un lunghissimo strascico, degenerando in una guerra civile che non è mai terminata. Almeno 50 mila furono i militari morti e oltre 200 mila le vittime civili. Nella prigione di Abu Grahib a Bagdad, prigionieri irakeni furono torturati, stuprati, sodomizzati e uccisi.  La pubblicazione delle prove di questi crimini da parte de The New Yorker e la diffusione di immagini particolarmente crude, obbligarono l'esercito americano a svolgere un'inchiesta. Undici soldati americani vennero rimossi dal servizio e condotti innanzi alla corte marziale. Soltanto due militari di truppa furono condannati, a 3 e 10 anni di detenzione rispettivamente, mentre tutti gli ufficiali coinvolti vennero assolti.

Una finta esecuzione nel carcere militare di Bagdad


Vale la pena di ricordare qui gli obiettivi dichiarati della "missione militare", svolta congiuntamente da USA, Regno Unito, Australia e Polonia, mentre altri 36 paesi, inclusa l'Italia, collaborarono in un modo o nell'altro alle operazioni. Nel suo indirizzo alla nazione, il presidente USA George W. Bush [1] affermò che si trattava di "disarmare l'Iraq dalle armi di distruzione di massa, di por fine al supporto al terrorismo da parte di Saddam Hussein e di liberare il popolo iracheno". In realtà le armi di distruzione di massa non furono mai trovate e l'indagine svolta dalla NATO dopo il conflitto rivelò che l'Iraq aveva distrutto armi nucleari, chimiche e batteriologiche già 10 anni prima del conflitto, rispettando quindi le risoluzioni dell'ONU [2]. Nessuna evidenza fu trovata neppure per i supposti rapporti tra il regime di Hussein e Al-Quaeda. Le operazioni militari, infine, non sono riuscite neppure ad insediare un governo filooccidentale a Bagdad, dove continuano ad essere riportate violenze di ogni genere tra i diversi gruppi etnici e religiosi. L'operazione in Iraq, fortemente voluta da George W. Bush e dal primo ministro inglese Antony Blair fu quindi, da ogni punto di vista, un completo fallimento.
Un prigioniero di guerra irakeno torturato e ucciso a Bagdad


In questi giorni, il regime di Assad che governa la Siria è accusato di aver usato gas nervini contro la popolazione civile. Mentre non si possono aver dubbi sull'effettivo impiego di gas in Siria, non vi è alcuna certezza che tali attacchi siano attribuibili al regime di Assad [3]. Vale la pena, se non vogliamo correre il rischio di una nuova assurda guerra in Siria, renderci conto di come fu possibile falsificare prove dell'esistenza di armi nucleari e chimiche in Iraq, per renderci conto di quanto potrebbe avvenire domani in Siria. Il 28 gennaio 2003, due mesi prima dell'invasione, il presidente americano Bush annunciò nel suo discorso alla nazione che il governo britannico era in possesso di prove che dimostravano l'esistenza di armi di distruzione di massa in Iraq. Nel 2004 il Financial Times scoprì il cosiddetto Nigergate [4]: le false informazioni erano giunte da un agente del SISMI, Rocco Martino, che, in collaborazione con alcuni diplomatici nigeriani e dei servizi segreti francesi, aveva prodotto un dossier dal quale risultava un contratto per la fornitura di uranio all'Iraq da parte del Niger. Lo stesso Martino avrebbe poi recapitato il dossier ai servizi segreti inglesi.
L'impiccagione di Saddam Hussein.


Il parlamento britannico ha recentemente respinto la richiesta di autorizzazione preventiva per un attacco alla Siria. Probabilmente ha pesato qui il timore che il primo ministro Cameron potesse ripetere l'errore commesso da Blair ai tempi della seconda guerra del golfo. Il presidente americano Obama si dice deluso della decisione inglese e valuta opzioni diverse, inclusa l'eventualità di un attacco da parte dei soli USA. E' importante, ancora una volta, non cadere nel tranello di credere che la guerra possa essere combattuta per stabilire la democrazia alla Siria. Le esperienze dell'Iraq e dell'Afganistan, come quelle più recenti di Tunisia, Libia ed Egitto, ci insegnano come il sostegno occidentale ai rivoltosi contro regimi indubbiamente dispotici abbia sempre portato a situazioni di caos e regimi peggiori di quelli che si intendeva abbattere, rafforzando sempre i movimenti religiosi più estremisti.    

[1] http://georgewbush-whitehouse.archives.gov/news/releases/2003/03/20030322.html
[2] http://en.wikipedia.org/wiki/Iraq_Survey_Group
[3] http://www.tempi.it/siria-assad-armi-chimiche-dubbi-esperti#.UiCOj9JATbM
[4] http://it.wikipedia.org/wiki/Nigergate
[5] http://www.repubblica.it/2005/j/sezioni/esteri/iraq69/sismicia/sismicia.html

mercoledì 14 agosto 2013

I babbaluci




In siciliano i babbaluci (o anche vavaluci, vaccareddi, bugalaci) sono le comuni chiocciole di terra, piccoli moluschi della classe Gasteropoda. Si tratta di animali bizzarri: sono ermafroditi insufficienti, ogni individuo possiede infatti gli organi sessuali maschili e femminili, ma ha bisogno di un altro individuo per accoppiarsi, fecondandolo e rimanendone fecondato, contemporaneamente. D'inverno vanno in letargo, chiudendosi dentro il guscio e sigillandolo con una pellicola protettiva bianca, che verrà poi forata dall'animale alle prime piogge autunnali. I babbaluci in letargo vengono anche detti stuppateddi o 'ntuppateddi, e sono più pregiati, per le ragioni che vedremo sotto.

Giovanni Meli (Palermo, 1740-1815) fu medico, chimico, filosofo e grande scrittore in lingua siciliana, in verità più apprezzato all'estero che in Italia, tant'è che traduzioni critiche della sua opera sono disponibili in inglese ma non in italiano. In una delle sue Favuli murali (Favole morali), Meli descrive così l'incontro tra due babbaluci:

Purtandusi la casa su la schina
dui babbaluci all'umbra di una ferra,
cu la vucca di scuma sempri china
si ianu strascinannu terra terra

[Giovanni Meli, Li babbaluci in Favuli murali, in Moral Fables and Other Poems: A Bilingual Anthology, traduzione in inglese a cura di Gaetano Cipolla]
Portandosi la casa sulla schiena
due babbaluci all'ombra di un ferro,
con la bocca sempre piena di schiuma
andavano strisciando raso terra
Noti in Francia come escargot o petit-gris, i piccoli gasteropodi, a dispetto di sembianze talmente dimesse, sono protagonisti di alcuni capolavori dell'arte culinaria e si suppone posseggano proprietà afrodisiache.

Mia nonna Peppina, la madre di mio padre, univa alla sua sapienza antica di contadina siciliana le capacità di una cuoca impareggiabile.  Riporto qui la sua ricetta dei vaccareddi, una vera delizia.

I babbaluci vanno raccolti alle prime luci dell'alba e devono essere lasciati "purgare" per almeno 24 ore, meglio se per 3 giorni, in un recipiente con un coperchio fermato da un peso e con poca acqua, in modo che possano liberarsi di tutte le feci. Vanno poi sciacquati con cura e posti in una casseruola, coperti appena di acqua senza sale. Raggiunta l'ebollizione, vanno cotti per circa un'ora, con la fiamma bassa, aggiungendo acqua calda se necessario. Scolare, quindi, e sciacquare ancora. Se lo si desidera, togliere gli animaletti dal guscio, aiutandosi con uno stuzzicadenti. Far imbiondire in padella con olio d'oliva un battuto di sedano ed aglio, aggiungere due o tre pomodori, pelati e schiacciati a mano, e i babbaluci. Continuare la cottura per 15 minuti a fuoco lentissimo, aggiungere sale e pepe e, se lo si desidera, peperoncino rosso. Spegnere il fuoco e aggiungere basilico o menta freschi. I vaccareddi sono ottimi tanto caldi quanto freddi. 


La stessa ricetta va bene anche per le stuppateddi. In questo caso, tuttavia, non è necessario lasciare gli animaletti a purgare, perché non hanno mangiato nulla per tutta l'estate. Occorre invece rompere la pellicola e fare attenzione che... non scappino.

Anche Giovanni Meli era un uomo bizzarro. Pur non avendo mai preso i voti religiosi, prima di assumere la cattedra di chimica nelle università di Palermo e di Messina, lavorò come medico, stipendiato dall'abbazia benedettina di San Martino delle Scale, a Cinisi. Lì, forse per mimetizzarsi, prese l'abitudine di vestire l'abito talare, cosa che gli valse il soprannome di abate. Attentissimo osservatore, l'abate Meli fu, con Jean de La Fontaine, continuatore di quella tradizione favolistica iniziata con i classici Esopo e Fedro, e proseguita con lo splendido medievale Roman de Renart. Molte di queste favole fanno parte di una tradizione orale che si va spegnendo e cui attingeva a piene mani anche nonna Peppina, splendida raccontatrice di cunti. Nei quattro versi citati sopra, Meli coglie due aspetti antropomorfi dei babbaluci: l'aver sempre la bocca piena di schiuma e lo strisciare raso terra. Per completare la descrizione dobbiamo aggiungere le simpatiche corna retrattili (più correttamente dovrebbero dirsi tentacoli) possedute dai gasteropodi. Dalle nostre parti, un modo scherzoso per dare del "cornuto" a qualcuno è dire "Avi cchiù corna d'un vaguni i bugalaci" (ha più corna di un vagone carico di lumache). Il suono della parola babbaluci ricorda poi, per assonanza, il siciliano "babbi", cioè stupidi, creduloni. Così, i babbaluci divengono, in una metafora di uso comune, persone grette e stupide, schiumanti di invidia per tutto ciò che sopra di essi si innalza, pronti a credere qualunque fanfaluca venga loro raccontata, cornuti, ominicchi o addirittura pigliainculo e quaquaraqà, per riferirci alla classificazione sciasciana [1]. Un'ultima importante caratteristica degli animaletti, sfuggita a Meli, è stata ritrovata nella ricetta di nonna Peppina. Come abbiamo detto, infatti, il coperchio del vaso in cui i babbaluci vengono messi a purgare deve essere fermato con un peso, altrimenti i gasteropodi, facendo leva con le corna, sarebbero in grado di sollevarlo per fuggir via. 

A pensarci bene, c'è un che di meraviglioso, nel senso che suscita meraviglia, in questa capacità, condivisa da babbaluci e cretini, di smuovere il mondo facendo leva sulla propria miseria, sulla base soltanto di quanto si crede, solo per aver sentito da fonte che si ritiene degna di fede. Le credenze, infatti, non essendo né vere né false, sono capaci di cambiare il mondo, come osservava il filosofo pragmatista americano William James (1842-1910). E se è vero che "la mamma dei cretini è sempre incinta", allora la meraviglia può trasformarsi in incubo...  

Una favola recente, non se ne può più di ascoltarla in TV, recita qualcosa come "Sale lo spread, la crisi si aggrava. Scende lo spread basso, la crisi finisce". Oggi, con lo spread più basso che mai, gli italiani attendono felici al mare la mannaia della spending review che giungerà con le prime piogge d'autunno. Mi auguro almeno che, come per i babbaluci, questo possa segnare la fine del letargo. 

Una volta tanto non mi dilungo con la cronaca politica. Chiudo con "I babbaluci", una filastrocca popolare siciliana, messa recentemente in musica dal siciliano Roy Paci [2] e riportata di sotto insieme con la mia traduzione. Stupidi e creduloni, con la loro stolida determinazione,  possono fare danni incredibili, ma basta una vuci per fermarli. Io mi aggrappo a questa speranza.  

Viri chi dannu chi fannu i babaluci
ca chi li corna ammuttanu i balati
su n’era lestu a ghittarici na vuci,
viri chi dannu chi fannu i babaluci. 
C’era na vota un poviru muraturi,
c’avia un annu c’un putia travagghiari,
e priannu lu Santu Accutufatu,
truvò u travagghiu e cariu ru fabbricatu. 
Viri chi dannu chi fannu i babaluci
ca chi li corna ammuttanu i balati
su n’era lestu a ghittarici na vuci,
viri chi dannu chi fannu i babaluci. 
C’era ‘na vota ‘nu poviru piscaturi,
ch’avia tri gghiorna ca nun piscava nenti
s’arrivulgìu a lu Santu Patriarca
truvò lu pisci e affunnò cu’ tutta a varca. 
Viri chi dannu chi fannu i babaluci
ca chi li corna ammuttanu i balati
su n’era lestu a ghittarici na vuci,
viri chi dannu chi fannu i babaluci. 
C’era ‘na vota un poviru craparu
ca’ un beddu jornu persi tutti ‘i crapi,
s’arraccumanna a santu Micheli,
truvau li crapi e persi la mugghieri. 
Viri chi dannu chi fannu i babaluci
ca chi li corna ammuttanu i balati
su n’era lestu a ghittarici na vuci,
viri chi dannu chi fannu i babaluci. 
C’era na vota un poviru surdatu,
c’avia l’ugnu ru pieri ‘ncarnazzatu,
e priannu li Santi e San Micheli,
ci sanò l’ugniu e ci cariu u peri. 
Viri chi dannu chi fannu i babaluci
ca chi li corna ammuttanu i balati
su n’era lestu a ghittarici na vuci,
viri chi dannu chi fannu i babaluci.


Guarda quanto possono essere dannose le lumache
che con le corna possono sollevare le pietre
se non fossi stato lesto a richiamarle
Guarda quanto possono essere dannose le lumache. 
C’era una volta un povero muratore,
che non trovava lavoro da un anno,
e pregando Sant'Abbacchiato,
trovò lavoro e cadde dal fabbricato. 
Guarda quanto possono essere dannose le lumache... 
C’era una volta un povero pescatore,
che da tre giorni non pescava nulla
si rivolse al Santo Patriarca
trovò il pesce e affondò con la sua barca. 
Guarda quanto possono essere dannose le lumache... 
C’era una volta un povero pastore,
che un bel giorno perse tutte le capre,
si raccomandò a San Michele,
trovò le capre e perse la moglie. 
Guarda quanto possono essere dannose le lumache...

C’era una volta un povero soldato,
che aveva incarnita l'unghia del piede,
e pregando i Santi e San Michele,
ebbe guarita l'unghia e perse il piede.
Guarda quanto possono essere dannose le lumache...

[1] Riportiamo qui la bellissima citazione di Leonardo Sciascia, "Il giorno della civetta", Einaudi, 1961:
«Io» proseguì don Mariano «ho una certa pratica del mondo; e quella che diciamo l'umanità, e ci riempiamo la bocca a dire umanità, bella parola piena di vento, la divido in cinque categorie: gli uomini, i mezz'uomini, gli ominicchi, i (con rispetto parlando) pigliainculo e i quaquaraquà... Pochissimi gli uomini; i mezz'uomini pochi, ché mi contenterei l'umanità si fermasse ai mezz'uomini... E invece no, scende ancora più in giù, agli ominicchi: che sono come i bambini che si credono grandi, scimmie che fanno le stesse mosse dei grandi... E ancora di più: i pigliainculo, che vanno diventando un esercito... E infine i quaquaraquà: che dovrebbero vivere come le anatre nelle pozzanghere, ché la loro vita non ha più senso e più espressione di quella delle anatre... [...]»