lunedì 28 maggio 2018

Mefistofele e il Fallimento Annunziato

L'Huffington Post[1] di oggi pubblica una estremamente fantasiosa ricostruzione di Lucia Annunziata  riguardo ai presunti retroscena dell'affondamento del presidente incaricato Giuseppe Conte, naufragato sulla designazione di Paolo Savona a ministro dell'Economia. Questi avrebbe voluto realizzare, secondo la ricostruzione della giornalista, un

Fëdor Šaljapin interpreta Mefistofele nell'omonima opera di Arrigo Boito (1910).

suo "piano di uscita dall'euro", un piano segreto perché mai dichiarato in campagna elettorale, un piano che per riuscire avrebbe avuto bisogno del carisma di Savona. Il pezzo insiste su toni da guerra civile imminente, scrive infatti Annunziata
Le ronde della moralità pubblica andranno ora in giro a chiedere a tutti: con chi stai? Con Mattarella il traditore, o con il cambiamento? Con le istituzioni o con i cittadini? Con le elite corrotte o con il popolo?
Personalmente non credo ad una parola sola di questa narrazione. Le ragioni per questo sono due, semplici e inoppugnabili.

1. Se mai vi fosse stato questo diabolico "piano Savona" per uscire dall'euro, allora Salvini e Di Maio, istruiti da un talmente scaltro Mefistofele, avrebbero mantenuto un basso profilo per non farsi scoprire. All'Economia ci avrebbero mandato Giorgetti, o un altro Pinco Pallino qualunque. E, una volta incassata la fiducia, il nuovo governo avrebbe sicuramente potuto far conto sulla regia e gli indirizzi del luciferino Savona.

2. L'8 maggio, senza altra sfera di cristallo che la lettura dei quotidiani, in un pezzo su questo blog [2], facevo le mie previsioni sulle direzioni che avrebbe preso la crisi: governo tecnico, di tregua, europeista, queste le parole che sarebbero state usate. Parole che non ho inventato io, ma ho appreso dalle dichiarazioni del presidente della Repubblica. Nello stesso pezzo indicavo anche le presumibili direzioni lungo le quali questo governo tecnico si sarebbe mosso, mi mancava solo il nome del presidente del Consiglio, ora lo conosco: è Carlo Cottarelli. E poiché il piano che avrebbe portato alla nomina di questi era già preparato, a nulla sarebbe valsa la designazione di un altro ministro in luogo di Savona: avrebbero potuto indicare pure il maggiordomo di Angela Merkel, Mattarella avrebbe comunque respinto.

Delle mie argomentazioni una è puramente logica ma a prova di ogni confutazione, a meno che non vogliamo immaginare Salvini, Di Maio e soprattutto il mefistofelico Savona completamente incapaci di intendere e di volere. La seconda è basata sul mero fatto che, se venti giorni prima avevo previsto l'esito della crisi, poiché non sono il mago Atanus, questo implica che l'esito della crisi fosse prevedibile.

Quello che sostengo naturalmente ha delle conseguenze. Per il momento non le traggo soltanto perché, se lo facessi questo distrarrebbe l'attenzione dal mio punto: quella dell'Annunziata è una bufala grossolana e la decisione di incaricare Cottarelli o altro clone era già stata presa.

[1] https://www.huffingtonpost.it/lucia-annunziata/bugiardi_a_23444714/
[2] https://resmetallica.blogspot.it/2018/05/il-gioco-delle-tre-carte-e-lincarico_8.html

lunedì 21 maggio 2018

Repubblica : tutte le bufale su Mattarella

27 dicembre 1947, il Capo dello Stato, Enrico de Nicola, firma la Costituzione italiana. Al suo fianco, da sinistra a destra, Alcide De Gasperi, presidente del Consiglio, Francesco Cosentino, funzionario, Giuseppe Grassi, guardasigilli, e Umberto Terracini, presidente dell'Assemblea Costituente.

Io credo che dovrebbero esserci delle pene per chi falsifica la storia e che dovrebbero essere ancora più severe se il falsario si è autonominato baluardo contro le bufale. Ne "la Repubblica" di oggi trovo una perla a firma di tal Umberto Rosso. "Con il gran rifiuto opposto nel 1953 da Luigi Einaudi, il primo capo dello Stato, alla Dc di De Gasperi. Einaudi infatti scelse un suo uomo, Giuseppe Pella, per formare il governo, e senza nemmeno passare attraverso le consultazioni con le forze politiche. Varò così il primo "governo del presidente" nella storia della Repubblica.".

Tutto falso. Non vi fu nessun rifiuto da parte del capo dello Stato. Al contrario. Reduce dalla batosta elettorale subita nel 1953, ed essendo stato indicato dalla Democrazia Cristiana, il partito di maggioranza relativa, Alcide De Gasperi ricevette da Luigi Einaudi l'incarico per formare il governo. Sciolse positivamente la riserva, forse confidando nei voti promessigli dai monarchici, giurò e si insediò il 16 luglio 1953. Il governo De Gasperi VIII fu uno dei più brevi della storia della Repubblica: il 28 luglio, infatti, la Camera dei Deputati gli negò la fiducia. Così Giuseppe Pella, anch'egli democristiano, il 17 agosto ricevette l'incarico per formare il governo. Non sono in grado di verificare se in questi 20 giorni di crisi vi furono consultazioni del presidente della Repubblica con le forze politiche, ma l'asserzione del quotidiano romano, secondo cui non ve ne sarebbero state, mi sembra ben poco credibile, poiché non risulta che Einaudi abbia trascorso questo lasso di tempo in letargo. Se da questo aneddoto possono trarsi delle conclusioni, queste semmai sarebbero che, in quell'occasione, Einaudi si fidò troppo di De Gasperi.

Il pezzo di Repubblica è un maldestro tentativo di forzare la mano del presidente della Repubblica, falsificando la storia. In questo caso il falso sembra avere il fine di indirizzare il capo dello Stato. Suscita allarme il titolo "Nuovo governo, i poteri di veto del presidente della Repubblica" ed ancor più il sottotitolo "Il capo dello Stato non è obbligato a far propria la proposta di Di Maio e Salvini. La Costituzione prevede che la scelta del premier sia soltanto sua".
Cosa intende il giornale romano scrivendo che la "scelta del premier" sarebbe "soltanto" del presidente? Vediamo un po'.

L'articolo 92 della Costituzione recita
ART. 92. "Il Governo della Repubblica è composto del Presidente del Consiglio e dei Ministri, che costituiscono insieme il Consiglio dei Ministri. Il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio dei Ministri e, su proposta di questo, i Ministri."
Come si può vedere, non vi è traccia dell'avverbio "soltanto". Tale avverbio non è smentito tanto dalla prassi seguita da tutti i presidenti della Repubblica, le consultazioni con le forze politiche, quanto, soprattutto, dal successivo  art. 94. 
ART. 94"Il Governo deve avere la fiducia delle due Camere. Ciascuna Camera accorda o revoca la fiducia mediante mozione motivata e votata per appello nominale. Entro dieci giorni dalla sua formazione il Governo si presenta alle Camere per ottenerne la fiducia."
Quale sarebbe il senso di questo articolo se non che il presidente della Repubblica debba accertarsi dell'esistenza di una maggioranza parlamentare? La posizione assunta da Repubblica appare quindi estremamente pericolosa. I governi, infatti, devono avere la fiducia del Parlamento, secondo la Costituzione esistono soltanto governi che godono della fiducia del Parlamento. Essi sono nominati dal presidente della Repubblica, soltanto perché questi si assume la responsabilità politica di operare una sintesi delle indicazioni ricevute. Se in Parlamento esiste, come oggi esiste, una maggioranza politica, il presidente non può che prenderne atto. Qualunque azione volta a costituire un "governo del Presidente" costituisce oggettivamente un tentativo di colpo di Stato.

[1] https://it.wikipedia.org/wiki/Governo_De_Gasperi_VIII
[2] Per ulteriori approfondimenti rinvio ad un precedente pezzo di questo blog

martedì 8 maggio 2018

Il gioco delle tre carte e l'incarico-truffa

Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.

Il presidente della Repubblica gioca col il fuoco, rischiando di incendiare la nostra democrazia. Lo scopo della mia affermazione non è incendiare gli animi, ma, al contrario, invitare alla prudenza. Nella convinzione che le mie parole sembreranno troppo forti ad alcuni, cercherò in questo pezzo di illustrarne il senso e la compatibilità con l'invito alla prudenza.

L'antefatto, noto a tutti, è che dalle recenti elezioni politiche non è venuto fuori un unico vincitore. A chi di questo si scandalizza rammento che la cosa è piuttosto comune nelle democrazie. Lo è meno nei regimi autoritari dove il meccanismo delle elezioni è disegnato per produrre un solo vincitore, quel vincitore! Se non vogliamo fare ricorso a leggi fascistissime, dovremo farcene una ragione. Sulla carta sarebbero possibili soltanto maggioranze di coalizione, qualora almeno due delle tre principali forze politiche (M5S, centrodestra e PD) si mettessero d'accordo. Negli ultimi due mesi, il presidente della Repubblica ci ha provato e riprovato, ma ogni suo tentativo è stato vanificato dai veti incrociati espressi dai partiti, il gioco delle tre carte. Chi sostiene che i partiti avrebbero dovuto mettersi d'accordo nel superiore interesse dell'Italia è fuoristrada: il compito dei partiti è rappresentare i cittadini; per rappresentare "superiori interessi" di partito potrebbe bastarne uno solo, ma gli italiani hanno riutato per sempre simili regimi e anche di questo dovremmo farcene una ragione. Per venir fuori da questo vicolo cieco, il presidente ha dichiarato di voler varare un governo "neutrale" o "di tregua", queste le parole usate, chiedendo al futuro presidente del Consiglio e ai suoi ministri di rinunciare a candidarsi alle prossime elezioni . Per la verità, egli ha usato anche l'aggettivo europeista, che oggi troviamo ovunque, come il prezzemolo. Ne viene fuori una bizzarra idea di neutralità, dal momento che due delle tre principali forze politiche sono alquanto ostili alle politiche imposte dall' "Europa" e, forse proprio per questo, hanno incrementato il proprio consenso. Non riesco a immaginare come possa ottenersi una tregua imponendo a tutti il punto di vista di una sola parte. Nelle intenzioni dichiarate dal presidente, tale governo, comunque, dovrebbe restare in carica fin quando le forze politiche non trovino un accordo e, in ogni caso, non oltre il prossimo dicembre quando, in mancanza di una coalizione politica in grado di avere i numeri in Parlamento, verrebbero indette elezioni anticipate.

Ma possono davvero esistere governi che non siano politici? Il nuovo governo, infatti, sarebbe chiamato fare la nuova legge finanziaria e a "sterilizzare" l'aumento dell'IVA, decidendo quindi chi dovrebbe pagarne il corrispettivo. Peggio ancora, i membri del futuro governo non sottoporrebbero il proprio operato al giudizio degli elettori, di fatto agirebbero senza alcun controllo da parte del Parlamento o del popolo. In sostanza, si tratterebbe di qualcosa di molto simile al governo Monti che fu fatto senatore a vita dall'allora presidente Napolitano, proprio perché non dovesse render conto ad alcuno delle politiche che lo avrebbero poi reso tristemente famoso. Come oggi, l'"Europa chiedeva" e Monti e Fornero non ne delusero le aspettative. Un governo "non politico" per compiere importanti scelte politiche tanto antipopolari che nessun governo politico avrebbe potuto. Un tale governo non ha nulla di democratico, è un sovrano assoluto, come quel Luigi XVI mandato via dal popolo francese al grido di Liberté, Egalité, Fraternité .

Maurizio Crozza

All'epoca di Monti, Crozza commentò "sento odore di cetriolo". Percependo forse qualcosa di simile, due delle principali forze politiche, il M5S e la Lega, hanno oggi dichiarato che mai appoggerebbero un simile governo e, poiché senza tali voti nessun governo è aritmeticamente possibile, si prospettano elezioni anticipate che, in tal caso, dovrebbero tenersi in estate. Stamane ho ascoltato alla radio illustri commentatori politici che si dichiaravano ostili alla possibilità di votare luglio o a settembre, aumenterebbe l'astensionismo, dicevano. Nella mia opinione, questo rischio è il minore dei problemi. Per comprendere quale veramente sia la posta in gioco e quale rischio corra la nostra democrazia, devo fare una breve digressione sulla maniera in cui in Italia si forma un governo.

Il presidente della Repubblica attribuisce l'incarico di formare il governo ad una persona che egli ritiene in grado di trovare una maggioranza in Parlamento. Nella situazione presente questa persona evidentemente non esiste, ma immaginiamo che egli si convinca di averla trovata e gli conferisca l'incarico. Il presidente del Consiglio incaricato, secondo la prassi, accetta l'incarico con riserva e avvia consultazioni con le forze politiche presenti in Parlamento. Se si convince, o dice di essersi convinto, di aver trovato i voti necessari, il presidente del Consiglio incaricato scioglie la riserva e viene nominato con decreto del presidente della Repubblica, subito dopo presta giuramento e assume i poteri di presidente del Consiglio. La Costituzione impone che egli sia tenuto a chiedere  la fiducia al Parlamento entro 10 giorni, se non la riceve deve presentare le dimissioni al Presidente della Repubblica, ma rimane in carica fin quando un nuovo governo non venga costituito. E, nell'attuale situazione politica italiana, questo significa che rimarrebbe in carica per tutta la campagna elettorale, fino all'elezione del nuovo Parlamento. Secondo la Costituzione italiana, in situazioni di urgenza, il governo può emanare decreti che hanno valore di leggi: questo è comprensibile ma, come è stato rilevato dalla Corte Costituzionale, i governi italiani hanno fatto ricorso con disinvoltura eccessiva alla decretazione d'urgenza. In passato sono state approvate così leggi ad personam: un decreto ha ridotto le imposte sulle "donazioni" fatte come anticipo di successione ereditaria permettendo a qualcuno (indovinate chi) di risolvere alcuni problemi aziendali. Quando il decreto è poi decaduto perché il Parlamento non lo ha convertito in legge, tutti i problemi di quell'azienda erano già stati risolti

Giulio Andreotti (a sinistra) con Bettino Craxi.


Fantapolitica? Credete che non possa accadere? Eppure è accaduto per ben tre volte nella storia della Repubblica. Nel 1953, Alcide De Gasperi aveva fatto approvare una nuova legge elettorale che prevedeva un forte premio di maggioranza per quei "partiti apparentati" che avessero raggiunto la soglia del 50%, qualcosa di simile all'Italicum di Matteo Renzi La sinistra (all'epoca era ancora "di sinistra") sostenne che si trattava di una legge-truffa che, qualora fosse scattata la soglia, avrebbe lasciato la Democrazia Cristiana unico arbitro della politica italiana. Anche allora, come oggi, gli italiani decisero di punire la DC e De Gasperi ed il premio non scattò. Anche allora il presidente della Repubblica, Luigi Einaudi, cercò di forzare la mano, incaricando prima De Gasperi e poi un'altro democristiano, Amintore Fanfani. Ma né De Gasperi né Fanfani ottennero la fiducia, i rispettivi governi durarono poco più di un mese, e la crisi politica trovò soluzione soltanto quando si formò un governo di coalizione. Nel 1972 il presidente Giovanni Leone affidò l'incarico a Giulio Andreotti che, com'era prevedibile, non ricevette la fiducia. Il governo tuttavia rimase in carica per oltre quattro mesi e gestì le elezioni anticipate. Leone e Andreotti sono stati tra i principali protagonisti degli scandali che, culminando con Tangentopoli, segnarono poi la fine della cosiddetta prima Repubblica.

Dare l'incarico di costituire il governo in assenza di numeri certi in Parlamento sarebbe, nella mia opinione, un azzardo carico di insidie per la democrazia. Da parte di chi riceve l'incarico, poi, sciogliere la riserva in assenza di numeri certi supererebbe i limiti della temerarietà. Un presidente del Consiglio al di fuori del controllo del Parlamento e del popolo sarebbe l'equivalente di un vero e proprio colpo di stato. Mi auguro che il nostro presidente della Repubblica voglia risparmiare al Paese un simile rischio. Meglio lasciare in carica Gentiloni.