giovedì 26 gennaio 2017

Migranti e psicostoria

Da sempre, uno dei miei scrittori di fantascienza preferiti è Isaac Asimov, Nato nel 1920 in una famiglia di ebrei russi benestanti immigrati in USA subito dopo la rivoluzione d'Ottobre, Asimov era, evidentemente, uno che di flussi migratori se ne intendeva. Oltre a scrivere di fantascienza, Asimov era un grande divulgatore scientifico ed uno scienziato: aveva conseguito un PhD in biochimica e per alcuni anni insegnò come professore associato presso la Boston University School of Medicine.
Alcune delle idee concepite dall'Asimov scrittore, come le famose tre leggi della robotica, sono tutt'oggi discusse anche nella letteratura scientifica. Un'altra idea di Asimov, poco ortodossa e sicuramente di difficile realizzazione se pure fosse possibile, è la psicostoria , una ipotetica disciplina scientifica che studierebbe l'evoluzione della società umana (e quindi predirrebbe la storia) a partire da una configurazione iniziale nota. Un po' come la meccanica statistica, la psicostoria riguarderebbe le probabilità con le quali determinati eventi potrebbero verificarsi e, in analogia alla Meccanica Statistica, che è fondata sulle Leggi della Meccanica, essa sarebbe basata sulle "Leggi dell'Umanistica", che, ovviamente, bisognerebbe prima individuare.

Con un po' di presunzione, e rifuggendo da ogni approccio ideologico, mi permetto di suggerire una, anzi quattro, possibili "leggi dell'umanistica" che riguardano il problema delle migrazioni.
0) I flussi migratori sono proporzionali al gradiente della ricchezza percepita.
I lettori iniziati alla scienza capiscono perfettamente. Per gli altri posso cercare di tradurre: i migranti si muovono dove trovano, o sperano di trovare, migliori condizioni di vita. Credo che, a partire dalle migrazioni degli ominidi, tutta la storia abbia rispettato questa legge. Non è un mistero neppure che, ai flussi migratori, le popolazioni che si percepiscono come privilegiate possano cercare di opporre "muri" di vario genere. Sembra proprio che i Neanderthal siano stati i primi a farlo, opponendo la propria superiorità fisica ai più gracili Sapiens che, dall'arida Africa, cercavano di raggiungere la fertile Europa. Successivamente ci provarono i Romani, i Cinesi e, anche adesso, ci vorrebbero provare in molti.
Spingendo oltre la mia presunzione, dal momento che sono soltanto un'appasionato e certo non uno specialista di storia, mi sento di enunciare, sempre evitando approcci ideologici, alcune altre leggi che riguardano i fenomeni migratori:
1) Le popolazioni che vivono nei territori che ricevono i migranti, spesso non esprimono entusiasmo per la visita.
Non sappiamo cosa i Neanderthal pensassero dei Sapiens, ma sappiamo per certo che, presso i Romani, le parole "barbaro" (in origine significava "straniero") e "vandalo" (in origine era soltanto il nome con cui si indicavano gli appartenenti ad una certa tribù germanica) assunsero un significato assai poco lusinghiero
2) Raramente i muri sono stati utili a fermare flussi migratori
3) Con l'importante eccezione dell'invasione dell'Homo Sapiens (che, apparentemente, ha cancellato la civiltà Neanderthaliana senza che ne restassero tracce), il risultato delle invasioni è una civiltà nuova, diversa tanto da quella di chi è giunto con le migrazioni quanto da quella di chi le ha subite.
Dopo aver enunciato queste Leggi fondamentali dell'Umanistica riguardo alle Migrazioni senza concessioni a tentazioni ideologiche, ma limitandomi alla generalizzazione di fatti osservati (mi perdonerete se scrivo con un tono più adatto ad un articolo scientifico, visto che cerco di temperare con l'ironia), posso adesso permettermi di suggerire una via d'uscita pratica. Come tutti sanno, a questo punto è difficile non essere condizionati dall'ideologia, così non pretenderò di non esserlo. Il mio ragionamento è semplice e segue dalla Legge Zero e dalla Legge Due: un tentativo per arrestare le migrazioni potrebbe essere fatto cercando di annullare il gradiente della ricchezza percepita, e, dal momento che, almeno in parte, ciò che percepiamo è la realtà, la mia modest proposal è cercare di annullare i gradienti della ricchezza. Per la verità ci sarebbero almeno due modi diversi per farlo. Uno è impoverire i paesi ricchi: questa è la strada seguita dal capitalismo finanziario globalizzatore, magari facendo in modo che soltanto pochissimi individui siano veramente ricchi (ah, Gini!) e che le frontiere della ricchezza non siano facili da individuare, protette come sono dal segreto bancario, dalle Isole Cayman e dall'IOR. Una strada alternativa è lavorare per migliorare le condizioni di vita nei Paesi meno sviluppati. Quest'ultima, naturalmente, è una via che potrebbe suggerire soltanto un comunista qual sono.