venerdì 28 novembre 2014

La mia opinione sull'immigrazione

Le discussioni sulle migrazioni rischiano sempre di finire in luoghi comuni, soprattutto quando se ne considerano gli aspetti etici. Cerco di dare un contributo da materialista quale sono, limitandomi ai fatti.

  1. Se cento poveri, tutti insieme, bussano alla mia porta, non ho come sfamarli. I flussi migratori devono essere regolati. Rinunciare a regolare i flussi significa innescare guerre tra i migrati poveri e indigeni altrettanto poveri. 
  2. Le migrazioni sono fenomeni storici, avvengono ogni volta che c'è un confine tra un paese "ricco" e uno "povero". Le migrazioni seguono le differenze della ricchezza e non c'è modo di fermarle fintanto che queste differenze sussistono: i migranti sono disposti a rischiare la vita pur di raggiungere la meta. Se volete pensate alla caduta dell'Impero Romano d'Occidente.
  3. Le migrazioni sono usate strumentalmente dai capitalisti del paese "ricco", che ne traggono vantaggio. I migranti (soprattutto se clandestini) tendono infatti ad accettare condizioni di lavoro e di vita molto inferiori agli standard dei paesi in cui giungono. Non soltanto essi costituiscono una massa di lavoratori a buon mercato, ma anche un grimaldello per imporre condizioni lavorative via via peggiori agli indigeni. Questa circostanza porta ad un impoverimento di tutta la società.
Come affrontare il problema allora? La risposta della Lega e della destra in generale si limita alla reazione al punto (1): tipicamente si chiede di bloccare le frontiere. Personalmente credo che delle quote siano necessarie, ma sono sicuro che esse, da sole, non possano risolvere il problema (vedi punto 2). La soluzione può essere trovata soltanto annullando la causa dei flussi migratori, cioè le differenze economiche tra i paesi. Questo, tuttavia, può avvenire in (almeno) due maniere diverse. In effetti oggi le condizioni di vita dei "poveri" che vivono nei paesi "ricchi" peggiorano continuamente ed è legittimo pensare che, se non si interviene, questo processo si arresterà soltanto quando queste condizioni si saranno allineate con quelle dei paesi del Terzo Mondo. Questo processo è insito nella cosiddetta globalizzazione e condurrebbe ad una società in cui pochi ricchi privilegiati disporrebbero della totalità ( o quasi) della ricchezza. Questo genere di soluzione chiarisce come la reale contraddizione sia tra classi sociali piuttosto che tra popoli diversi.
Una soluzione differente dalla globalizzazione può essere ricercata, ma richiede lavoro su fronti diversi. In primo luogo, l'Occidente dovrebbe farsi carico di una politica di aiuti ai paesi poveri, non parlo di invii di cibo e di medicinali, quelli servono solo in emergenza, parlo di invio di insegnanti e di tecnici capaci di fornire l'impulso necessario alle economie dei paesi poveri: costruiamo scuole, case, ospedali, fattorie, strade, acquedotti e, soprattutto, trasferiamo le competenze necessarie perché possano continuare da soli. In secondo luogo, si deve sorvegliare ovunque sulle condizioni di lavoro: i lavoratori devono essere pagati adeguatamente, lavorare in ambienti salubri, i loro figli devono avere un'istruzione adeguata. Ultima cosa, è necessario intervenire con il controllo delle nascite: oggi il pianeta riesce a sostenere (male) 7 miliardi di abitanti, si possono migliorare tante cose e forse si potranno sostenere anche 10 miliardi, ma c'è un limite alla capacità di sostentamento.



Indice di fertilità in diversi paesi del mondo. La scala in basso a sinistra si riferisce al numero di bambini nati vivi per ogni donna. (Fonte: CIA World Factbook 2013).