racconto
Come ogni mercoledì, alle cinque e un quarto in punto, Alex e Brian si incontrarono all’Old Duck. Sedettero insieme nel bow-window, al solito tavolino traballante, in un angolo in cui la vernice verde scura si andava irreversibilmente scrostando dalle vecchie pareti di legno. Da quella posizione, attraverso il vetro appannato, potevano godere la vista della stradina che costeggiava il fianco della collina dell’Università e dei numerosi studenti che la percorrevano in quel lungo pomeriggio di fine estate. Appena li vide, senza che dovessero dir nulla, il cameriere servì loro vinegar chips e due pinte del buon bitter artigianale per il quale il pub era meritatamente rinomato.
I due amici formavano una coppia davvero stranamente assortita. Alex era magro e piccoletto, Brian alto, robusto e assai impacciato. A dispetto del loro impeccabile accento oxbridge, a vederli insieme ricordavano tanto Stan Laurel e Oliver Hardy. Inseparabili lo erano stati fin dal tempo in cui si erano conosciuti, quando erano giunti come tugs all’Eton College. Dopo la High School avevano studiato entrambi a Oxford, Alex astrofisica e Brian archeologia. Sebbene avessero interessi culturali molto differenti, discutevano sempre insieme i progetti che ognuno di loro andava sviluppando, senza mai risparmiarsi le critiche più spietate. Finito il dottorato, la frequenza dei loro incontri si era diradata, Brian era stato postdoc a Torino e lecturer a Tubingen, Alex aveva lavorato prima a Harvard e poi a Berkeley. Per non rinunciare alle loro discussioni, avevano preso l’abitudine di trascorrere insieme ogni anno almeno un settimana di vacanze. Da quando entrambi avevano ottenuto la cattedra a Bristol, i rispettivi laboratori erano a soli cinque minuti di distanza l’uno dall’altro, la loro frequentazione era tornata assidua come ai vecchi tempi.«È stata una settimana molto faticosa, ma sono soddisfatto», disse Brian. «Siamo riusciti a ricostruire i testi dei papiri trovati nel pozzo sul monte Garizìm. Secondo l’analisi con il carbonio 14 risalgono all’ottavo secolo a.C., poco prima della cattività babilonese. Sono la più antica versione conosciuta della Torah, i primi cinque libri dell’Antico Testamento. Sono scritti in samaritano antico, con caratteri proto-ebraici».
«Se ricordo bene, i giudei del tempo di Cristo accusavano i samaritani di eresia e idolatria…».
Un'immagine pittorica dell'asteroide Oumuamua
I due amici formavano una coppia davvero stranamente assortita. Alex era magro e piccoletto, Brian alto, robusto e assai impacciato. A dispetto del loro impeccabile accento oxbridge, a vederli insieme ricordavano tanto Stan Laurel e Oliver Hardy. Inseparabili lo erano stati fin dal tempo in cui si erano conosciuti, quando erano giunti come tugs all’Eton College. Dopo la High School avevano studiato entrambi a Oxford, Alex astrofisica e Brian archeologia. Sebbene avessero interessi culturali molto differenti, discutevano sempre insieme i progetti che ognuno di loro andava sviluppando, senza mai risparmiarsi le critiche più spietate. Finito il dottorato, la frequenza dei loro incontri si era diradata, Brian era stato postdoc a Torino e lecturer a Tubingen, Alex aveva lavorato prima a Harvard e poi a Berkeley. Per non rinunciare alle loro discussioni, avevano preso l’abitudine di trascorrere insieme ogni anno almeno un settimana di vacanze. Da quando entrambi avevano ottenuto la cattedra a Bristol, i rispettivi laboratori erano a soli cinque minuti di distanza l’uno dall’altro, la loro frequentazione era tornata assidua come ai vecchi tempi.
«È stata una settimana molto faticosa, ma sono soddisfatto», disse Brian. «Siamo riusciti a ricostruire i testi dei papiri trovati nel pozzo sul monte Garizìm. Secondo l’analisi con il carbonio 14 risalgono all’ottavo secolo a.C., poco prima della cattività babilonese. Sono la più antica versione conosciuta della Torah, i primi cinque libri dell’Antico Testamento. Sono scritti in samaritano antico, con caratteri proto-ebraici».
«Se ricordo bene, i giudei del tempo di Cristo accusavano i samaritani di eresia e idolatria…».
«Non soltanto li accusavano. Nel 128 a.C. il re di Giuda, Giovanni Ircano, distrusse il tempio di Garizìm. Se avremo fortuna, potremo confrontare due visioni molto differenti dell’ebraismo».
«Anche per me è stata una settimana intensa», disse Alex. «Ricordi il telescopio che abbiamo costruito nel deserto del Gobi? Punta verso la costellazione della Lira, nella direzione da cui nel 2017 era giunto Oumuamua. Dopo dieci anni di attesa, finalmente abbiamo trovato un oggetto interstellare: in questo momento si sta avvicinando alla velocità di 30 km/s. Le misurazioni della luminosità ci hanno permesso di dedurne la forma: è un sigaro lungo 200 metri e largo 50. La riflettanza ha un picco nella regione della luce gialla».
«Insomma, una gigantesca supposta gialla».
«Ah, credo proprio di sì. Una supposta interstellare».
«Speriamo che non ci arrivi in culo!».
Risero come due ragazzini che si raccontano le barzellette sconce. Poi Alex continuò: «Non corriamo rischi, passerà distante da noi. Adesso 2027 U1, questo il nome provvisorio della supposta, si trova a circa 200 milioni di km dal Sole, tra 77 giorni raggiungerà il punto più vicino alla nostra stella, soltanto 40 milioni di km. Questa volta siamo preparati, non mancheremo l’appuntamento come fu con Oumuamua. Raggiungeremo 2027 U1 con il Falcon Heavy tra 119 giorni, quando avrà iniziato ad allontanarsi dal sistema solare. Manderemo uno sciame di microsonde, lo fotograferemo da tutti i lati, faremo analisi spettroscopiche accuratissime per conoscerne la composizione chimica».
Brian guardò l’orologio che aveva al polso. «Questa sera tocca a me», disse dirigendosi verso il banco. Pagò e i due si alzarono, dirigendosi ognuno per la sua strada.
*
Per undici settimane i due amici lavorarono molto intensamente ai rispettivi progetti. Non per questo rinunciarono al consueto incontro settimanale, ma all’Old Duck ebbero giusto il tempo per bere di fretta una lager, senza neppure prendere le chips. Il dodicesimo mercoledì, quando entrarono nel pub, Alex disse al cameriere, «Phil, credo che questa sera avremo bisogno di una Guiness e di steak and kidney pie».
Sedettero al solito posto e subito Alex aggiornò l’amico. «Finalmente abbiamo i dati sull’accelerazione di 2027 U1. Il contributo non dovuto alla gravità è 4 milionesimi di metro al secondo quadro. Ancorché possa sembrare piccolo, un simile eccesso di accelerazione è possibile solo se c’è un motore».
«Vuoi dire che si tratta di un’astronave aliena?», chiese sorpreso Brian.
«Non per forza. Le comete sono fondamentalmente grosse palle di ghiaccio. Quando si avvicinano al Sole si riscaldano ed espellono una coda di vapore acqueo. Funziona esattamente come i gas di scarico emessi dal motore di un razzo e imprime un’accelerazione alla cometa. Ma il nostro oggetto interstellare ha tutti i telescopi del mondo puntati addosso, se avesse una coda gliel’avremmo vista».
«E allora?»
«Senza alieni, l’unica possibilità resta il vento solare. La luce del sole ha un sua pressione ben nota. La forza che il vento solare esercita su un oggetto è direttamente proporzionale alla superficie di questo, S. L’accelerazione è pari alla forza divisa per la massa dell’oggetto che, a sua volta, è proporzionale al volume, V. Si trova facilmente che l’accelerazione è inversamente proporzionale al rapporto tra volume e superficie, V/S: tanto più grande l’accelerazione, tanto più piccolo il rapporto».
«Facilmente, dici tu. Sai bene quanto siano limitate le mie conoscenze di matematica. Comunque mi fido di te. L’accelerazione è inversamente proporzionale a V/S».
«Per buona parte dei corpi, l’accelerazione dovuta al vento solare è talmente piccola che non possiamo neppure misurarla».
«Ma non hanno progettato vele solari?».
«Le abbiamo pure realizzate, se per questo. Ricorda com’è fatta una vela: che sia una vela solare o quella di un barca non cambia. Una grande superficie e un piccolo volume, V/S è pari allo spessore della vela. Se conosciamo l’accelerazione, possiamo calcolare lo spessore».
«Non ti seguo più, Alex. Mi avevi detto che 2027 U1 ha la forma di un sigaro, non di una vela». E, guardando nella direzione del cameriere, «Per piacere, Phil, altre due pinte di Guiness, la discussione si sta facendo troppo interessante per rimanere senza birra».
«Un sigaro in fondo è soltanto una foglia di tabacco arrotolata, Brian. Il nostro asteroide potrebbe essere cavo. In questo caso l’accelerazione ci dirà quanto sono spesse le pareti esterne. Domani decollerà il razzo con le sonde, presto ne sapremo di più. Per il momento sappiamo che 2027 U1 è una specie di sigaro vuoto all’interno, fatto di metallo giallo, forse oro, lungo 200 metri e largo 50 con le pareti esterne spesse circa un centimetro».
«Allora non è una supposta, è un dildo dorato! Ho visto che li vendono su Amazon. Forse non così grandi, però».
Ancora una volta i due amici scoppiarono a ridere. Brian si alzò quasi barcollando e, senza guardarsi intorno, si diresse verso il bagno. «Anch’io ho grosse novità, ma prima devo fare una cosa», disse. Ci mancò poco che una freccetta non lo beccasse. Soltanto dopo aver scampato il pericolo, si rese conto di essere passato tra il lanciatore e il bersaglio.
*
Appena tornato al tavolo, Brian prese a raccontare: «Ti ho già detto dei papiri di Garizìm. Essi contengono un intero libro che non ha riscontro nella Torah ebraica. Tu sai che la parola Elohim è spesso usata nell’Antico Testamento. Gli ebrei ortodossi la interpretano come “Dio”, ma si tratta di un plurale, almeno dal punto di vista grammaticale, e significa qualcosa come “i figli di El”. Nei Salmi, nel libro di Giobbe e in quello dei Re, vi sono brani in cui si parla di un’Assemblea Divina, “Dio giudica in mezzo agli dèi”. Questa idea di Assemblea divina è comune a molte religioni e mitologie antiche. La ritroviamo tanto in testi semitici quanto indoeuropei, dai sumeri, ai caldei fino agli antichi greci e romani. Per i popoli che abbracciano una religione politeistica è normale avere un intero Pantheon, ma l’ebraismo è generalmente considerato monoteista e molti autori hanno voluto interpretare questa Assemblea come un luogo in cui Dio legifera tra gli angeli, tra esseri spirituali di rango inferiore».
«Si, Brian, ho letto che, secondo alcuni biblisti, Yahweh fosse soltanto uno degli dèi, il dio di Israele…»
«La versione a noi nota dell’Antico Testamento sembra includere tra gli Elohim anche gli dèi venerati dai popoli vicini: Astarte o Ishtar, per i Fenici, Moloc per gli Ammoniti, Chemosh e Kos per i Moabiti e gli Edomiti. Nei manoscritti di Garizìm troviamo però tutta una schiera di altri dèi, riuniti nell’assemblea presieduta da El. La cosa singolare è che molti dei loro nomi sono simili a quelli delle divinità olimpiche. Certamente confonde le idee il fatto che il proto-ebraico sia privo di vocali, ma su queste identificazioni non dovrebbero esserci molti dubbi».
Svuotarono completamente i boccali di Guiness e ordinarono un terza pinta, poi Brian continuò: «L’assemblea degli Elohim è stata convocata per giudicare RPH, un dio che avrebbe commesso un grave crimine. Nel racconto di Garizìm, Yahweh svolge le parti dell’accusa. Secondo la ricostruzione di Yahweh, RPH aveva costruito una lira con il guscio di una tartaruga e il budello di un toro. Egli amava soggiornare sull’isola di Creta, dove incantava uomini e donne con la sua musica celestiale. A Creta, RPH si innamorò di HRDK, una donna bellissima che lo ricambiò appassionatamente finché un giorno non fu uccisa dal morso di un serpente velenoso. RPH discese allora agli inferi dove, con la musica della sua lira, riuscì a ammaliare Moloc e tutti i demoni del suo seguito. Fuggì quindi dall’Ade insieme alla sua bella, rendendola così immortale. Secondo Yahweh l'empietà di RPH e HRDK meritava di essere punita con la morte. Ishtar intervenne allora in difesa dei due amanti, sostenendo che HRDK non si era macchiata di alcun crimine e che, in ogni caso, neppure gli dèi riuniti in concilio avessero il diritto di privare della vita altri dèi immortali. Il saggio El accolse la tesi di Ishtar e decretò che RPH fosse privato della sua lira e rimanesse incatenato sul monte Ararat fino alla fine dei tempi. Quanto a HRDK, El la giudicò indegna di rimanere tra gli dèi perché comunque la sua immortalità era stata ottenuta con l’inganno. Così la scagliò in cielo insieme allo strumento musicale del suo amato, nella direzione di quella che poi fu nota come la costellazione della Lira. HRDK allora avrebbe assunto le sembianze della Stella del Nord, ma questa è una cosa che non capisco, la Stella Polare è nella costellazione dell’Orsa Minore».
«Questo te lo posso spiegare io», fece Alex. «Oggi il Nord è indicato dalla Stella Polare, ma non è sempre stato così per via della precessione dell’asse terrestre. 12000 anni fa la stella del Nord era Vega, una delle stelle più brillanti del cielo. Dunque HRDK fu tramutata in Vega».
«Non sono tanto sorpreso» continuò Brian «per il politeismo dei samaritani, in fondo è l’accusa che i giudei muovono loro da sempre. Trovo invece più strano che gli dèi olimpici fossero parte del Pantheon samaritano. Era già stato suggerito che Ishtar corrispondesse ad Afrodite e Moloc ad Ade, i papiri di Garizìm corroborano queste ipotesi e permettono anche di identificare El con Zeus, il padre degli dèi. Yahweh, abbastanza in linea con molti episodi dell’Antico Testamento, assume anche qui il ruolo antipatico di chi vuole sempre punizioni esemplari».
«HRDK e RPH potrebbero allora essere Euridice e Orfeo» suggerì Alex.
«Sì, credo che sia giusto. Ma ci sono differenze. Nel mito greco Euridice non esce viva dall’Ade. RPH ha poi molte caratteristiche del dio Prometeo, di cui condivide il destino. Secondo la mitologia greca invece, intristito dalla perdita della sposa, Orfeo finisce per suscitare la collera di Dioniso che lo farà decapitare dalle Baccanti. Per queste ragioni, almeno provvisoriamente, tradurrò RPH con Orfeo-Prometeo. L’accanimento che, nei manoscritti di Garizìm, Yahweh mostra contro RPH suggerisce anche l’identificazione del dio ebraico con il Dioniso dei miti greci».
«Si è fatto tardi, Brian. Domattina presto partirò per Houston. Seguirò da lì la missione del Falcon Heavy. Nelle prossime settimane ci sentiremo in videoconferenza».
I due amici si salutarono e si diressero verso casa avvolti dalla spessa nebbia che infiochiva la luce dei lampioni.
*
Sette settimane dopo l’ultimo incontro con Brian all’Old Duck, Alex era seduto a una scrivania ricoperta di foto e stava sorseggiando un mug di caffè nero. Digitò qualcosa sulla tastiera del computer e, subito dopo, iniziò una videochiamata.
«Ciao, Brian. Qui piove e fa freddo. Com’è il tempo a Bristol?».
«Esattamente come da te. Da me è quasi mezzogiorno, l’ora di uscire per il lunch. Da te devono essere le sei di mattina. Se mi stai chiamando a quest’ora, credo che abbiate un problema lì a Houston».
«Finalmente abbiamo le foto e i dati delle sonde. 2027 U1 è un cilindro con due emisferi sulle basi, perfettamente liscio, a parte piccole ammaccature, probabilmente dovute all’impatto con micrometoriti. È di oro, con tracce di rame. Oro a 18 carati, Brian! Sulla superficie c’è materiale organico, ovviamente congelato. Lo abbiamo analizzato: acqua, piridina, squalene, urea, acido acetico, acido lattico, alcoli, glicoli, chetoni, aldeidi. In più, ingrandendo al massimo, siamo riusciti a osservare cellule epiteliali di sfaldamento, emazie e leucociti, un migliaio di volte più grandi delle corrispondenti cellule umane, ma, dimensioni a parte, del tutto simili. Uno dei nostri biologi ha detto che potrebbe trattarsi di “una secrezione vaginale”».
«Cavolo, Alex! Se ricordo bene, l’asteroide è lungo 200 metri per 50 metri di diametro. Sembra tutto in scala. Un gigantesco dildo d’oro, per di più usato!»
«Vacci piano» disse Alex. «Avrebbe dovuto usarlo una gigantessa alta più di un kilometro… A proposito, ti ho mandato un file gif, una foto in alta risoluzione dell’asteroide. Guardalo».
Non appena ebbe aperto il file sul suo pc, Brian sobbalzò sulla poltrona e cadde rovinosamente all’indietro, trascinando con sé buona parte delle carte che si trovavano sulla sua scrivania. «Vedo, Alex, è fantastico!» disse quando riuscì a riprendersi e rialzarsi. «Sulla superficie dell’asteroide è inciso “EYRYDIKH”, Euridice, la nostra HRDK!».
«E che ci faceva con quel dildo?», chiese Alex.
«Forse le cose che si fanno di solito con un dildo…», rispose Brian. «Secondo il mito greco, Orfeo-RPH giurò che non avrebbe mai più guardato una donna che non fosse la sua Euridice. Avrà anche pensato che la sua amata da sola, così lontano, si sarebbe annoiata. Immagino che avrà pure trovato il modo per farle avere questo, o questi, dildo dorati, in modo che ella potesse ingannare il tempo e forse anche ricordarsi di lui».
«E le dimensioni?».
«Non ho spiegazioni, Alex. Ricordi: “Credo quia absurdum”, con queste parole Tertulliano spiegava la sua fede. In molte opere d’arte che ritraggono insieme uomini e dèi, le divinità vengono raffigurate come fossero più grandi. Forse erano più grandi? Nella Genesi è scritto: “facciamo l’uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza”, ecco sembra proprio che noi siamo loro immagini in scala uno a mille!».