Messina, Maregrosso. Immaginate il set di un film cyberpunk sulla mafia, qualcosa a mezzo tra Matrix e Gomorra di Matteo Garrone. Un quartiere di baracche ed edifici blindati, ovunque telecamere a spiarti, ovunque colline d'immondizia. E un'ora di punta, ma non c'è traffico, nessuna persona perbene verrebbe qui, dove tutto è abusivo e sporco.
Una colonna tortile, di cemento decorato con maioliche, emerge tra i cumuli di immondizia, in quello che resta del giardino di una baracca poverissima, dietro un cancello di ferro e una rete metallica, di quelle che si adoperano per recintare i pollai.
Ci rendiamo conto della presenza di un intero mondo. Tutto intorno bassorilievi e sculture a tutto tondo, realizzate con materiali poverissimi, cemento e pezzi di mattonelle raccolti in discarica. E' raffigurato di tutto, dai nani di Biancaneve, ad immaginifici stegosauri, ai cavalli, alle zebre, fino ad incredibili guerrieri omerici che sembrano venuti fuori dall'Iliade con le loro spade ed i loro scudi.
Si tratta del mondo in cui visse il cavalier Cammarata. Il nome di battesimo non sembra che lo ricordi nessuno. Il titolo ci suggerisce che fosse un cavaliere dell'ordine di Vittorio Veneto, un reduce della Grande guerra. Cammarata trasse i materiali con cui costruì la sua dimora povera ed abusiva dalle discariche. Negli stessi materiali fermò le immagini della sua fantasia, cercando di sfruttare ogni millimetro dei pochi metri quadri per lui disponibili. Non si vede un solo angolo che non sia decorato.
Molti anni fa, sui muri della palazzina di fronte, Cammarata aveva affrescato scene tratte dall'Odissea. Oggi non ne resta nulla, nelle dinamiche condominiali non sono previsti gli affreschi e quelle pareti sono ritornate al primitivo stato di anonimo squallore.
Un artista naif visse dunque a Maregrosso, rispettato o sopportato che fosse, perché anche i diseredati hanno un cuore. Sicuramente il lavoro dell'artista non è stato rispettato dopo la morte di questi. Il Comune, dicono, avrebbe voluto demolire tutto, perché tutto era abusivo. Non si sa perché, ma la demolizione fu parziale e alcune pareti della dimora di Cammarata rimasero in piedi. Sopravvive ancora la scritta "Fontana dei desideri, gettate una moneta", ma della fontana non c'é più traccia.
Non sono un critico d'arte, tuttavia ho l'impressione che i resti della dimora di Cammarata meritino di essere conservati e tramandati ai posteri. Negli anni successivi alla morte dell'artista a Messina si sono succedute giunte di destra e di sinistra, commissari straordinari, assessori di i partiti politici e di tutte le risme. In questi anni la città si è nullificata, la speculazione ha divorato i viali. Pochi mesi fa, alcuni artisti cercavano di far rivivere un brutto teatro costruito negli anni '70, da loro ribattezzato Teatro Pinelli, con spettacoli teatrali e musicali, assemblee, corsi di danza. Furono espulsi e denunciati come delinquenti. Messina merdifica tutto. Oggi a Messina si vota, chiunque sia il prossimo sindaco, si ricordi di Cammarata!
Ringrazio Antonio Cattino che ha scattato le belle fotografie del lavoro di Cammarata. La prima foto in alto è invece mia.
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